Da AUDIOreview n. 3 – novembre 1981
Il seguente articolo, pur pubblicato in anni ormai abbastanza lontani, mantiene una attualità invidiabile ed una sua attenta lettura è caldamente consigliata a tutti i progettisti (autocostruttori o professionisti che siano).Quanto alle sorgenti allora disponibili, si deve tener conto che il CD non era ancora stato introdotto. Io credo, peraltro, che le differenze fra le registrazioni digitali degli anni 2000 e quelle delle migliori registrazioni analogiche degli anni ’70 ed ’80 siano ormai estremamente ridotte.Le considerazioni sui parametri di valutazione dei diffusori acustici hi-fi espresse nel 1981 mantengono quindi una validità pressoché assoluta.
Le misure e la scelta
Anni fa alcuni ricercatori in diverse parti dei mondo effettuarono rilevazioni statistiche sui giudizi di ascolto di numerosi ascoltatori posti a scegliere, in condizioni controllate, il migliore fra un certo numero di diffusori di caratteristiche congruenti. Anche in Italia un gruppo di lavoro composto da tecnici fra cui il sottoscritto e l’Ing. P.Nuti, condussero diverse sedute di ascolto in condizioni assolutamente controllate alle quali parteciparono diverse centinaia di ascoltatori divisi in gruppi di 40/50 persone. I diffusori a confronto erano posti dietro ad un tendaggio acusticamente trasparente, che li nascondeva alla vista, e le differenti efficienze erano compensate con un centralino di commutazione che prevedeva una sezione di attenuazione del segnale in ingresso al finale. La commutazione A/B era automatica e ciascun confronto veniva proposto senza preavviso anche con sequenza temporale di commutazione e colore della luce spia invertiti. Non è il caso di dilungarci in questa sede in considerazioni particolareggiate su quelle prove, ma vorrei sottolineare che avendo ogni volta confrontato i giudizi di preferenza con i grafici di risposta in frequenza rilevati, con rumore e analizzatore di spettro, nei diversi ambienti di prova, eravamo diventati capaci di prevedere l’ordine di preferenza che sarebbe emerso dalla valutazione statistica dei giudizi dei gruppi di ascolto, anche in caso di nuovi diffusori mai provati, sulla sola base dei grafici di risposta a terzi d’ottava con rumore rosa in ambiente.
La risposta in ambiente d’ascolto, più di ogni altra consente di prevedere le caratteristiche timbriche dei diffusori.
Ovviamente non esistono due grafici di risposta in ambiente fra i quali possa essere espresso un giudizio di qualità assoluto, ma con il programma musicale adottato (estremamente vario ed articolato) erano emersi alcuni criteri di base che aiutavano nella scelta. Ad esempio, fra due grafici che esibissero un andamento molto simile era sicuramente preferito quello avente la maggiore estensione, sia che fosse verso le alte o le basse frequenze o ad entrambi gli estremi della banda audio. Fra due risposte aventi simile estensione era sempre preferita quella più regolare, ovvero esente da “picchi” o “buchi” localizzati. Le alte frequenze erano poi un elemento quasi indipendente di “pesatura” del giudizio, ovvero un diffusore che ad esempio esibisse una risposta decrescente dai 5/6 kHz in su, con una pendenza superiore agli altri, veniva spesso bocciato nei confronti anche quando tutte le altre caratteristiche della risposta avrebbero giocato a suo favore (sarebbe probabilmente bastato in questo caso un livello dei tweeter più alto per ottenere dei risultati di preferenza opposti). E’ opportuno a questo punto ricordare che in tante prove di ascolto effettuate da gruppi selezionati ed ascoltatori esperti la congruenza con i principi appena esposti è sempre risultata evidente, con la eccezione dei confronti effettuati fra diffusori appartenenti a categorie qualitative molto differenti. Non è infatti facilmente prevedibile a priori il risultato di un confronto fra un diffusore da 20 litri del costo di 60.000 lire ed uno da 80 litri del costo di 600.000 lire, anche se per ipotesi il più piccolo esibisse una risposta in frequenza in ambiente “migliore” secondo i criteri suesposti.
In quelle condizioni le differenze di prestazioni evidenziabili con altre misure, il diverso rapporto campo diretto/campo riflesso, lo smorzamento dei trasduttori, la rigidità dei mobile, le dimensioni della sorgente acustica ed altri parametri quali ad esempio la distanza ed il livello di ascolto, le dimensioni del locale di prova, etc. assumerebbero nuovi e più importanti significati e tutta la prova dovrebbe essere riconsiderata da zero.
Rimanendo però ad una condizione di confronto ragionevole, quale si può supporre che sia nella maggioranza dei casi un ascolto finalizzato ad una scelta di acquisto, possiamo concludere che un esame approfondito dei grafici pubblicati consente di conoscere a priori molte delle caratteristiche timbriche di base ed addirittura in alcuni casi prevedere quale sarebbe la preferenza statistica di un gruppo di ascoltatori in condizioni controllate.
Come suonano le misure di Audio-Review
Se potessimo dire in poche righe quale suono complessivo fornisce un certo diffusore, con diversi generi musicali e in diverse condizioni di installazione, solo sulla base di misure e rilevazioni strumentali, avremmo risolto uno dei maggiori problemi che assillano ricercatori e tecnici hi-fi in tutto il mondo.
Se è vero, infatti, che il confronto fra i dati misurati può fornire informazioni utilissime circa eventuali giudizi di preferenza, quali giudizi assoluti possono trarre conforto da misure oggettive?
Uno dei concetti principali dell’hi-fi è sempre stato quello di compatibilità fra i vari elementi dei sistema di riproduzione ivi compresi la sorgente di segnale, disco o nastro che sia, le condizioni di installazione e l’ambiente di ascolto. E’ esperienza comune di tutti gli appassionati la incertezza conseguente all’ascolto di uno stesso sistema di altoparlanti in condizioni ambientali diverse, con relativi giudizi ampiamente variabili. Da notare che sulla base delle considerazioni fatte nel paragrafo precedente è possibile in alcuni casi prevedere un confronto “fortunato” con un certo concorrente e “sfortunato” con un altro senza che tutto ciò stabilisca una effettiva classifica di merito per un certo particolare genere musicale o una certa particolare installazione.
In effetti le caratteristiche di funzionamento di un certo altoparlante possono spesso determinarne una “personalità” più adatta a certe utilizzazioni (e conseguentemente meno adatta per altre) senza che sia possibile perciò dare un giudizio di preferenza assoluta con un altro ipotetico altoparlante la cui “personalità”, porti a risultati diametralmente opposti.
Non è vero ad esempio che se un diffusore “suona bene” con la musica da camera o sinfonica debba per forza essere considerato buono anche da chi ascolta abitualmente solo musica “DISCO”.
Ecco quindi che il compito del tecnico e dell’appassionato che vogliano trarre dei giudizi assoluti di qualità di sistemi di altoparlanti, basandosi su misure oggettive si complica enormemente dato che un certo insieme di risultati deve essere valutato in funzione della destinazione cui il sistema è orientato.
Diciamo subito quindi che le misure che vengono abitualmente effettuate sui diffusori acustici non possono in nessun caso sostituirsi alle orecchie dell’ascoltatore che voglia decidere del grado di piacevolezza o di realismo di riproduzione forniti con un certo genere musicale. Vogliamo però qui altrettanto fermamente affermare che l’ascolto può definire le attitudini e le caratteristiche di funzionamento di un diffusore acustico solo quando effettuato in maniera estremamente articolata, con sedute che seguano un programma sviluppato su un arco di tempo considerevole nelle più diverse condizioni di installazione. Ciò dovrebbe escludere quindi che un redattore di una rivista possa nel breve tempo che gli è normalmente concesso esprimere giudizi assoluti di una qualche validità; in realtà normalmente le cosiddette “prove di ascolto” redatte da seri tecnici specializzati non scendono mai estremamente a fondo nei giudizi e nei particolari al punto da promuovere senza riserve o bollare categoricamente questo o quel diffusore e lungi dall’essere un fattore di demerito per i suddetti articolisti, questo atteggiamento “cauto” deve essere considerato, alla luce delle considerazioni appena fatte, un segno di serietà professionale ammirevole.
Volendo trarre delle conclusioni di ordine generale sulla qualità di un sistema di altoparlanti è possibile invece attenersi alle sole misure, che, se effettuate correttamente e correttamente interpretate, rimangono il mezzo più rapido e sicuro per decidere dell’esistenza o meno di difetti macroscopici o identificare la “personalità” dei diffusore in modo ampiamente indipendente dai “gusti personali” dell’esaminatore.
La misura che più di ogni altra è in grado di evidenziare le caratteristiche di base della timbrica degli altoparlanti in esame è come già detto la risposta in frequenza in ambiente di ascolto. Dall’andamento assoluto da essa presentato e maggiormente dal confronto fra le risposte presentate da diffusori diversi, di cui almeno uno sia ben conosciuto dal lettore, è possibile trarre delle informazioni di primaria importanza. Anzitutto la uniformità dell’andamento della curva che rappresenta la risposta e la sua “regolarità” sono una misura della correttezza e dell’equilibrio timbrico generale, ciò che renderà il diffusore maggiormente “versatile” e quindi adatto a riprodurre con risultati accettabili qualsiasi genere musicale.
Ove siano presenti inflessioni della curva che tendono ad attenuare od esaltare con regolarità l’andamento verso le alte o le basse frequenze (intendendo per frequenza di centro gamma i 1000 Hz) queste sono in molti casi compensabili con una leggera azione sui controlli di tono dell’elettronica abbinata (quando non siano presenti degli adatti controlli sul diffusore stesso).
La presenza di esaltazioni o attenuazioni localizzate (soprattutto nella parte più importante della banda audio che possiamo limitare verso il basso ai 100 e verso l’alto ai 10.000 Hz) è indice invece di una “caratterizzazione” del suono e di una personalità spinta, che non consentiranno al diffusore di esprimersi egualmente bene in qualsiasi situazione e con qualsiasi genere musicale.
Se l’andamento generale della risposta è invece da considerarsi corretto, ma è affetto da piccole perturbazioni (dell’ordine dei 2 dB) che ne rendono la curva un poco “mossa”, quello che ne soffrirà sarà la precisione timbrica dei dettagli, la sensazione di “naturalezza” di emissione ed in generale la omogeneità di riproduzione.
Non esiste un andamento della curva di risposta da considerarsi comunque corretto in assoluto, ma ogni “forma” corrisponde ad una “filosofia” di suono che rende il diffusore “diverso”. Ad esempio una curva che abbia un andamento regolare con la convessità verso l’alto (che è il più frequente) offrirà un suono tanto più “presente” e con i medi e le voci in evidenza quanto più questa convessità è accentuata; un tale diffusore sarà caratterizzato dalla capacità di avvicinare i piani sonori ponendo spesso, specie con le registrazioni effettuate in studio, l’ascoltatore molto vicino agli esecutori.
Diffusori con una risposta che abbia un andamento con la convessità verso il basso (piuttosto rari) o che tendano ad un andamento piatto (per lo meno sulla gamma sopradetta) tendono invece ad un effetto di maggiore “spazialità” ed apertura che pone i diversi piani sonori a distanze maggiori oltre a consentire un buon ascolto anche a livelli ridotti, grazie ad un certo effetto “loudness”. In questo caso il diffusore presenterà spesso anche la particolare caratteristica di dare una sensazione di ampliamento della “dinamica” della riproduzione, cosa particolarmente apprezzata nell’ascolto dei brani registrati direttamente dal vivo.
Quanto alla gamma bassa, a causa delle alterazioni introdotte dall’ambiente di ascolto, la sua valutazione deve essere sempre effettuata per confronto con le misure fornite nella stessa situazione sperimentale da altri diffusori, aiutandosi nella valutazione con un esame dell’andamento fornito nella misura della risposta in camera anecoica.
La musica da discoteca non richiede normalmente una notevole estensione verso le frequenze più profonde, al di sotto dei 60 Hz, ma necessita invece di una particolare “spinta” fra i 60 e i 120 Hz; esistono quindi dei diffusori che hanno una risposta non corretta dal punto di vista strettamente hi-fi e tradizionale del termine, con una esaltazione localizzata in quel particolare punto della risposta, che riescono però a dare un effetto estremamente piacevole all’ascolto di brani “DISCO”; a questi diffusori non è normalmente consentito di cimentarsi con musica classica di largo respiro, ma se ad una gamma bassa “criticabile” si accompagna una timbrica generale delle gamme media e alta “sana” non ¬ detto che non siano fruibili con risultati accettabili anche in questo difficile genere.
Normalmente comunque per avere una riproduzione che riproponga le dimensioni dell’orchestra sinfonica o la timbrica dei violoncello in modo corretto è richiesto che la risposta alle basse frequenze sia ben estesa (fino almeno ai 50 Hz) senza enfasi localizzate.
Per quel che riguarda la gamma alta oltre ai 10.000 Hz si deve distinguere. Non tutti gli ascoltatori rispondono allo stesso modo alle sollecitazioni causate da queste frequenze e per alcuni risultano addirittura fastidiose, ma restando nel caso di impianto di buona qualità, con testina dalla risposta lineare, tutto ciò che viene emesso al di sopra dei 10.000 Hz contribuisce in maniera notevole alla “ariosità” ed alla sensazione di realismo della emissione.
Una esaltazione localizzata intorno ai 10 kHz tende spesso ad enfatizzare oltremisura il fruscio di dischi non perfettamente nuovi e silenziosi, mentre una carenza della gamma fra i 5 e i 10 kHz causa una sensazione di “soffocamento” e di velatura dei suono ed in particolare delle voci, che può essere molto fastidiosa.
Una particolare evidenza di tutta la risposta fra i 1000 e gli 8.000 Hz riesce invece utile per aumentare la “presenza e la sensazione” di vicinanza fisica degli strumenti solisti, senza per questo causare gravi danni alla timbrica generale, sempre che la risposta sia comunque particolarmente estesa verso gli estremi gamma.
Quello che sembra invece indesiderabile nella maggioranza dei casi è un livello eccessivo dell’ottava intorno ai 1000 come di quella intorno ai 400 Hz; nel primo caso molte voci tenderanno a divenire “nasali” ed a suonare come se il cantante avesse posto le mani a coppa di fronte alla bocca, nel secondo caso molti strumenti tenderanno ad un suono che è facile definire “scatolare”, come se dello strumento venisse a far parte anche una scatola di cartone duro che risuonasse innaturalmente.
La assenza di queste frequenze peraltro determina una leggerezza estrema delle percussioni (tamburi e batteria in genere) che vengono allontanate e rimpicciolite oltre misura.
Molti diffusori adottano una risposta che si mantiene quasi piatta su tutta la banda dalle basse frequenze fino ai 5/6 kHz, per poi decrescere regolarmente. Questo tipo di andamento necessita di un certo periodo di “assuefazione”, ma riesce spesso ad offrire un suono corretto e riposante con molti generi musicali “seri” (sempre che la parte della risposta che precede le alte frequenze non presenti assolutamente alterazioni localizzate).
Esiste un andamento della risposta in ambiente che, proposto dalla Brüel & Kjaer qualche anno fa, è stato adottato da alcuni costruttori sia di scuola inglese che americana. Tale andamento sembra essere il più “versatile” e come tale sarebbe auspicabile che ogni diffusore le cui prestazioni sono orientate verso una particolare utilizzazione, avesse comunque una risposta che come andamento medio non se ne discostasse molto; questa risposta “teorica” ha un andamento regolare, presenta la convessità (molto leggera) verso l’alto e tende a decrescere molto lievemente verso le alte frequenze presentando il massimo dell’emissione sulla gamma bassa. Non pare però che le tecniche di ripresa e registrazione oggi adottate siano tali da consentire la scelta di un andamento univoco da parte di tutti i costruttori e molti di essi stanno anzi orientandosi sempre più spesso verso andamenti che tendano a mantenersi costanti su buona parte della gamma audio, influenza degli ambienti e controlli installati permettendo.
La risposta in camera anecoica consente di prevedere eventuali colorazioni localizzate e di valutare la bontà del progetto
Quanto alle altre misure pubblicate che hanno una effettiva e diretta influenza sull’ascolto, possono essere immediatamente messe nell’elenco la risposta in frequenza in camera anecoica, che acquista via via sempre maggiore importanza mano a mano che l’ambiente di ascolto è più assorbente, e le misure di distorsione.
Fra due diffusori che presentino la stessa risposta in ambiente è generalmente preferibile quello che offre anche la migliore regolarità in camera anecoica; la misura del “campo diretto” fornisce indicazioni sia sulla maggiore o minore attitudine al funzionamento in ambienti molto assorbenti, sia su certe caratteristiche collegate alla localizzazione delle sorgenti virtuali dei programmi stereofonici, ovvero in parole semplici alla correttezza dell’effetto stereo.
Una risposta in camera anecoica fortemente irregolare determina norrnalmente una certa imprecisione nei dettagli timbrici, una maggiore confusione nei “pieni”, una imperfetta localizzazione, in generale è indice di altri difetti dei trasduttori o dei sistema a meno che non sia voluta per ottenere effetti particolari. Quanto alla distorsione è ovvio che più è bassa e meglio è: non vi sono controindicazioni. Da notare comunque che un diffusore che distorce di più sembra anche suonare più forte, ma non riuscirà mai a sembrare più “pulito”.
Le nuove misure di questo numero
Le misure in ambiente pubblicate sul primo numero di AUDIOreview cercavano di raggruppare una notevole massa di informazioni in uno spazio molto ristretto e per questo motivo, a causa di evidenti difficoltà di stampa, l’esame dei grafici è risultato piuttosto difficoltoso.
Da questo numero i grafici sono pubblicati leggermente più grandi e le risposte riportate nel grafico n° 1 (con entrambi i diffusori funzionanti) sono rilevate solo per diffusori orientati verso il microfono, lasciando al grafico n° 2 (un solo diffusore funzionante) il compito di evidenziare, oltre che le differenze fra i due esemplari, le caratteristiche di dispersione per 30° rispetto all’asse, ovvero misura con il pannello di fondo dei diffusori appoggiato al muro.
Abbiamo aggiunto misure di distorsione per differenza di frequenze ed armonica al livello di prova di 90 dB spl a 1 metro in camera anecoica.
Quando parliamo di livello acustico di prova nel caso degli altoparlanti ci riferiamo ad un livello convenzionale, che viene ottenuto alimentando il diffusore con una tensione il cui valore deriva dalla misura di livello emesso con rumore rosa.
Nel caso della misura di distorsione armonica il segnale applicato è sinusoidale di frequenza variabile con continuità per permettere una misura del livello delle armoniche prodotte dall’altoparlante, a causa delle sue non linearità di funzionamento, su tutta la gamma audio. La tensione presentata ai morsetti del diffusore è la stessa che dovrebbe essere adottata per ottenere 90 dB spl con rumore rosa fornito da generatore Brüel & Kjaer 1405 e si tratta in ogni caso di valori efficaci (all’inglese: RMS), il segnale utilizzato per la prova di distorsione per differenza di frequenza è viceversa composto da due sinusoidi di pari ampiezza e frequenze che differiscono di 40 Hz fra di loro.
Il segnale di prova viene fatto scivolare con continuità fra i 200 e i 20.000 Hz rilevando il livello dei prodotti di intermodulazione generati dall’altoparlante. Nella misura della distorsione per differenza di frequenze la tensione applicata ai morsetti del diffusore ha lo stesso valore di picco di un segnale sinusoidale avente il valore efficace che con rumore rosa fornirebbe 90 dB a 1 metro in camera anecoica; anche se la definizione può apparire un po’ contorta, essa è in accordo con i principi cui si ispira la determinazione del “livello convenzionale” di prova nel caso delle misure di intermodulazione SMPTE.
Il risultato è che la “risposta in frequenza” riportata sullo stesso grafico della misura di distorsione per differenza di frequenze (che funge da livello relativo cui riferire la emissione dei prodotti di intermodulazione, per ricavare una percentuale di distorsione alle frequenze di interesse) viene tracciato ad un livello di tre dB più basso che non nei grafici di distorsione armonica. Ciò è dovuto al differente fattore di cresta del segnale sinusoidale mono-frequenza che viene utilizzato per la misura di distorsione armonica e di quello bitonale della differenza di frequenze: a parità di valore di picco il secondo ha un valore efficace (che deve essere usato quale livello di riferimento) 3 dB più basso.