Alcuni, sostengono che collegando ciascuna “via” di un sistema di altoparlanti, dotato di crossover passivo, ad un diverso amplificatore, il suono migliora.
Personalmente ho invece constatato quasi sempre un grave degrado della dinamica massima conseguibile:
il carico offerto da ciascuna via all’amplificatore è spesso fortemente reattivo (cioè, molto diverso da “resistivo”) e nessun amplificatore mostrerà mai di gradire un simile carico di più di uno che presenti rotazioni di fase più contenute.
Grafico del modulo e dell’argomento dell’impedenza del kit The Audio Speaker 1.3 con tutte le vie collegate ai morsetti di un unico ingresso. I valori assunti dall’argomento dell’impedenza sono abbastanza contenuti su gran parte dello spettro audio.
In questo caso è stato simulato il carico offerto dalla sola via alti (il tweeter filtrato).
Come si vede, la fase dell’impedenza assume valori capacitivi piuttosto alti anche in corrispondenza di valori del modulo non altissimi. Ad un amplificatore collegato alla via alti, che riproduca un segnale contenente molte frequenze medio-alte, verrà richiesta una corrente molto maggiore che nella condizione di mono-amplificazione.
Ulteriori considerazioni del 26 febbraio 2014
Ipotizziamo di utilizzare i due canali di uno stesso amplificatore stereo per alimentare separatamente la via bassi e la via alti di un diffusore che lo consenta (magari solo perché è predisposto per il bi-wiring, ovvero l’alimentazione con due cavi invece di uno solo).
Con la implementazione normalmente adottata per la multiamplificazione passiva invieremo a ciascun canale dell’amplificatore l’intero spettro di frequenze del segnale che vogliamo inviare al diffusore..
Un canale trasferirà poi questo segnale alla via bassi, che tramite il suo filtro limiterà lo spettro di frequenze inviato agli altoparlanti della via bassi, mentre l’altro canale funzionerà allo stesso modo relativamente alla via alti.
Orbene. Dato che ciascuno dei nostri due canali si troverà ad amplificare l’intero segnale musicale, si vedrà costretto a restituire alla sua uscita l’intera gamma dinamica. Ovvero tutti i picchi, esattamente come quando ai suoi morsetti fosse collegato lo stesso diffusore in mono-amping.
Il suo limite di saturazione (clipping) dipendente dalla massima tensione erogabile rimarrà quindi esattamente lo stesso nelle due situazioni (mono-amping e bi-amping).
Viceversa, la richiesta di corrente, come abbiamo già visto nella prima parte di questa pagina online da molti anni, nella maggior parte dei casi (anche se non tutti) aumenterà.
Ecco quindi che, se nella configurazione bi-amping l’uso di due amplificatori invece di uno solo, qualcuno dovesse percepire dei miglioramenti, questi sarebbero molto probabilmente associabili a semplici e normalissimi fenomeni psicoacustici, la cui natura è completamente spiegata in altre pagine di questo stesso sito.
L’unico caso in cui il bi-amping potrebbe offrire davvero prestazioni migliori rispetto al mono-amping, è quando l’impedenza del diffusore completo dovesse presentare un minimo dell’impedenza molto accentuato proprio in corrispondenza all’incrocio fra la via alti e la via bassi, e tale minimo coincidesse proprio con le frequenze che con il segnale adottato (e ascoltato) fossero quelle statisticamente maggiormente responsabili della massima richiesta di potenza.
Viceversa, la possibilità del collegamento bi-wiring offerta da molti diffusori va vista con grande favore, perché consente di ridurre la resistenza e l’impedenza dei cavi di collegamento ampli-casse senza dover fare uso di cavi unici troppo grossi, spesso poco flessibili e sicuramente piuttosto costosi.
L’errore più comune
Quando gli appassionati cercano di adottare la multiamplificazione passiva, in luogo del mono-amping, e optano per il bi-amping “orizzontale” invece del “verticale”, si trovano spesso (per scelta o per necessità) ad alimentare le vie bassi dei loro due diffusori con un amplificatore e le vie alti con uno differente.
Ora, avviene che quasi sempre due amplificatori diversi siano caratterizzati da sensibilità differenti.
Ragioniamo un attimo: perché la risposta in frequenza dei nostri diffusori (nel passaggio da mono-amping a bi-amping) non vari, è obbligatorio che la tensione fornita dagli ampli all’ingresso della via bassi e all’ingresso della via alti abbiano valori identici, esattamente come quando la via bassi e la via alti sono connesse in parallelo (nel mono-amping).
Ma, se i due ampli di cui sopra sono differenti, questo non potrà avvenire. E con il nostro bi-amping “casereccio” si otterrà quindi una risposta in frequenza complessiva dei diffusori che presenterà una esaltazione della via bassi rispetto alla via alti o viceversa, a seconda di quale dei due finali impiegati per le due vie è più o meno sensibile.
Da cui deriveranno immediatamente sensazioni d’ascolto molto diverse rispetto al mono-amping.
Sensazioni perfettamente giustificabili, viste le diverse risposte in frequenza, ma che verranno considerate migliorative o peggiorative essenzialmente in relazione al programma utilizzato ed ai gusti dell’ascoltatore.
E tutto ciò con la vera alta fedeltà, come potete facilmente intuire, ha ben poco a che vedere…