Tratto da un altro messaggio del mio forum privato
Tornando ad esaminare alcune caratteristiche di base dell’ipotesi formulata, ho elaborato alcune considerazioni che, a parer mio, potrebbero contribuire a confermare la funzionalità teorica del dispositivo.
Un mio amico mi ha scritto all’incirca: “…Se ho ben capito tu cercheresti di ottenere una azione su uno degli elementi attivi del tuo dispositivo, senza provocare la conseguente necessariamente imprescindibile reazione sull’altro…”.
La mia risposta è stata, sempre all’incirca: “Sì! Voglio evitare la reazione sul dispositivo che emette l’impulso per primo, ma la reazione c’è comunque ed è applicata all’intero universo”.
Questa affermazione merita un piccolo approfondimento.
Ragionerò, come son solito fare, per concetti generali e più semplici possibili, facendo uso di esempi:
Tutti sanno che sulla Terra è possibile misurare la presenza di un campo magnetico, che è in grado di far deflettere l’ago di una bussola, applicandogli un momento quando questo non è allineato con le linee di forza in quel punto. La stessa cosa succede nello spazio a causa del campo magnetico generato dalla Terra, ma anche dal Sole e quant’altro.
Immaginiamo ora di essere nello spazio, molto lontani dal sistema solare, e di rilevare la presenza di un campo magnetico, generato dai costituenti la nostra stessa galassia, ma anche da galassie lontane.
Ora alimentiamo una bobina con una corrente continua. Tale bobina sarà assoggettata ad una forza (o una coppia di forze), minima ma non nulla, che potrà tendere a farla ruotare e/o traslare a seconda della sua posizione iniziale. A questa azione corrisponderà una reazione “vincolare” (mediata dal campo magnetico) che dovrebbe applicarsi ai “generatori” del campo magnetico preesistente. Perché questa forza si applichi effettivamente ai corpi che hanno generato il campo presente nella posizione occupata dalla nostra bobina, bisogna però che questi corpi esistano, e taluno potrebbe addirittura non esistere più da milioni di anni… Peraltro, perché il nostro impulso generato “accendendo” la bobina raggiunga i “generatori” più lontani potrebbe essere necessario attendere milioni di anni, e, non sapendo naturalmente dov’erano tali generatori quando hanno emesso il campo con il quale il nostro impulso ha interagito, questo potrebbe continuare a viaggiare all’infinito, alla ricerca del corpo dal quale ricevere la “reazione”…
Torniamo al sistema composto da due bobine delle quali la prima si accende, e poi si spegne prima di essere raggiunta dalla emissione della seconda che ha interagito con il campo da lei generato. Tale emissione della seconda spira (quella assoggettata alla “azione”) farà la stessa fine del segnale emesso dalla bobina dell’esempio “spaziale” precedente. Continuando a viaggiare verso l’ignoto all’infinito e non riuscendo mai a generare nessuna reazione se non forse sull’intero universo, asintoticamente al tempo infinito…
Peraltro, il fatto che il campo generato dalla prima bobina sia stato generato per primo, garantisce che il secondo impulso nel suo procedere lo incontri sempre e comunque, sul suo cammino al continuo inseguimento di un fronte d’onda che non potrà raggiungere mai e che quindi “dal suo punto di vista” potrebbe essere già esteso all’intero universo, come il campo magnetico dell’esempio spaziale precedente.
Non è prevista insomma la violazione di nessuno dei principi fisici già ampiamente accettati da tutti come inviolabili. C’è solo da ragionare un poco oltre, verso l’infinito…
Se poi tale dispositivo potesse funzionare…(?)… La prima applicazione utile che ne vedrei sarebbe quella di propulsore di assetto per i satelliti artificiali, costretti oggi a “morire” all’esaurimento del combustibile dei loro motori chimici (dopo una quindicina d’anni), mentre l’energia elettrica necessaria per un sistema di propulsione elettromagnetico potrebbe essere fornita dalle batterie solari per tempi molto più lunghi.
Sempre s.e.o.
EMPS (Electromagnetic Propulsion System)
ULTERIORE ESEMPLIFICAZIONE
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EMPS VERSIONE 2
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